“La comprensione della mia pittura è legata al mio rapporto con gli artisti del passato (gli amici comuni) poiché nessun artista contiene un significato da solo e solo l’apporto di molteplici riferimenti o citazioni alle opere dei grandi gli permette di ottenere risultati personali.”
(Giorgio Guaini)
“Cari amici,
nella lunga storia della pittura, certi temi sono stati trattati spesso : hanno inspirato numerosi artisti, senza per questo imbrigliare la loro immaginazione. Gli appassionati dell’arte lo sanno, certi soggetti sono patetici, come i motivi religiosi (la morte di San Sebastiano, la pazienza di Giobbe, il figliol prodigo…). Patetici sono ancora i temi socio-politici (la scomparsa dei grandi uomini, la malattia, la povertà…). Certi altri sono tranquillizzanti o gioiosi (la ragazza con cane, la danza dei contadini, …).
A credere al pittore, il tema dell’ erotismo è sparito, ma non si tiene conto delle forze del inconscio : osservate solo con attenzione « Il sogno del dottore » oppure la nudità di Mme Bovary … Quando Giorgio Guaini si impossessa dei temi storici, lo fa con il suo proprio spirito. Per lui, la pittura è, certo, culturale, emozionale, intellettuale, però è, prima di tutto, il piacere della luce e dei colori. Nei suoi quadri, effettivamente, i colori trionfano sulle idee e finiscono col creare delle forme e dei ritmi musicali.
I temi ben conosciuti che sono rivisitati qui, danno luogo a delle situazioni originali. Ciascuna di esse è caratterizzata da una « messa a distanza » dal motivo che può passare così per una leggera parodia. Comunque, questo arretramento esprime un sentimento positivo, un atto ricreativo, la felicità del gioco della creazione.
In ogni scena rappresentata, c’è sempre uno personaggio centrale (o parecchi). Ci sono quelli che muoiono, Ci sono quelli che soffrono. Ci sono quelli che aspettano. Ci sono quelli che ballano. Su i morenti medita una creatura benigna. Una creatura benigna va incontro al povero sovraccaricato dal destino. Presso una donna che sembra solinga, pazienta pensierosamente una presenza silenziosa.
Perfino accanto a Mme Bovary si distingue il profilo di un busto nero: è quello di Gustave Flaubert ? E quello del pittore ? Se l’artista dice, dopo lo scrittore, « Mme Bovary c’est moi », ci invita inevitabilmente a dire « Giogio c’est nous ». Le sue pitture sono il riflesso di noi stessi.
Cosi, i due ciechi che cadono sono inspirati evidentemente dalla parabola del Brughel, (ricordatevi le due prime figure, laggiù, a destra) : sono quelli la cui caduta provoca quella degli altri. Però, non vi pare che stiano ballando a causa del vertice dei colori ? Non sono anche la parabola di noi stessi, i vedenti, che ci muoviamo a Piccoli passi, davanti ai quadri, facendo una sorta di ronda, la danza dei visitatori ? Se cadiamo, cadiamo dall’ammirazione, sotto il colpo dell’emozione, una emozione estetica fata di sentimenti personali più che di interrogazioni filosofiche. Poi, questa emozione finisce per comunicarsi, dall’uno all’altro, tenendoci simbolicamente per le mani, noi.
Gli amici comuni,
The mutual friends.”